Varsavia!


I pensieri di un moralizzatore



II Capitolo


Statica

Corpi trattenuti al centro


Cena Varsaviese


Rimesso a nuovo, ho celebrato la seconda sera a Varsavia con una vera cena.

Sono sceso dall'albergo e ho attraversato la piazza rettangolare, molto ampia, con marciapiedi che corrono lungo i porticati dei palazzi, realizzata, pare, su indicazioni della Nomenklatura di Stalin. I passaggi zebrati per l'attraversamento dei pedoni erano così ampi che mi è venuta voglia di misurarne la larghezza; ho contato diciotto passi. Una scolaresca di bambini potrebbe traversare tutta insieme sulle strisce tenendosi per la mano.

Anche le strade che confluiscono nella piazza sono abbastanza larghe e gli abitanti di Varsavia sembrano sapere bene che si prestano ad essere percorse ad una certa velocità. Ho visto un'auto che procedeva ad andatura piuttosto allegra saltare su un cordolo spartitraffico con un fracasso enorme, rimbalzare dall'altro lato e schizzare via di nuovo, senza aver interrotto per un istante la propria corsa. Una scena davvero notevole.

Fino a quel momento, i Polacchi mi si erano mostrati, invece, automobilisti beneducati. Ho potuto constatare che rispettano i semafori e le precedenze, a costo di frenare a ruote bloccate; che si fermano per lasciar passare i pedoni sulle strisce; che, soprattutto, non suonano mai il clacson. Ma forse hanno un lato nascosto, che non ho scoperto e che rischio di immaginare come proprio non può essere, e cioè con un filo di anima napoletana sotto le spoglie centroeuropee.

Non lontano dall'albergo ho trovato un bistrot e mi ci sono fermato. Una balaustra di legno, sovrastata da vasi fioriti, separava i tavolini all'aperto dal marciapiede. Era non troppo affollato, ma nemmeno vuoto. Alcuni dei clienti cenavano, altri bevevano birra. Le gentilissime cameriere erano abbigliate in modo a dir poco improbabile: calzettoni bianchi, gonna verde, camicia bianca e corpetto rosso. La mise ricordava quelle bamboline con gli abiti tradizionali delle regioni italiane, acquistate, o forse ottenute in omaggio, presso i distributori di benzina delle autostrade trenta o quaranta anni fa; un ricordo della mia infanzia.

Ho mangiato abbastanza bene. Avevo scelto una porzione di carne di maiale; somigliava a una cotoletta, preparata secondo la ricetta tradizionale milanese. Aveva la panatura molto spessa e un po' umida e sembrava cotta al forno. La portata spettacolare è stata però il dolce: uno Strudel di mele tiepido, servito con gelato e panna montata senza zucchero. Confesso che temevo molto la cucina polacca e mi prefiguravo patate bollite, cavoli e crauti. Non so se i polacchi mangino anche cose così; sembra che non le offrano ai turisti.

I viaggiatori possono talvolta mangiare bene anche in luoghi dove si mangia male, a patto che entrino nei ristoranti giusti; oppure male nelle regioni dalle più antiche e rispettabili tradizioni culinarie, se entrano nei locali sbagliati. La disponibilità economica è uno dei parametri che determinano il successo della scelta, ma non è l'unico. Bisogna avere una certa abilità e poter contare almeno su qualche alternativa. Potrei continuare per un'ora in questo ragionamento generale, ma non lo farò: era solo di un escamotage per parlare di me.

Ad uno come me, privo del sesto senso, qualche volta capita di mangiare male, perché non capisco il menu; oppure, alternativamente, di essere fregato e di pagare troppo. Fa eccezione alla regola la mia recente esperienza londinese: lì, con tutta la famiglia, sono riuscito sempre sia a mangiare male che a pagare moltissimo. All'inizio mi sono sentito come un pollo da spennare. È durato poco; ben presto mi sono sentito un pollo già spennato.

Al bistrot ho pagato un conto di 41 Slotzi, cioè circa 12 €. Mi è sembrato davvero poco per quello che avevo preso: una cena completa con il solito succo di mele. Il prezzo era molto contenuto rispetto all'attuale standard italiano; corrispondeva, però, a quello che si sarebbe potuto pagare prima dell'avvento dell'euro, mille anni fa. A quei tempi, per 25000 £ si mangiava altrettanto bene anche da noi. A me l'euro piace, ma la finisco qui: non è il caso di buttare la cena in politica.



Moda polacca e parcheggiatori napoletani


Facendo due passi dopo cena, ripensavo al discorso del tassista e ai suoi litri di benzina. Nel frattempo, avevo appreso che lo stipendio medio in Polonia si aggira sui 500 €; evidentemente, gli introiti di un tassista si collocano ben al di sopra della media. In Italia la soglia di povertà è stata da poco portata a 740 € mensili.

Il confronto sembra inesorabile, ma mi sono restati dubbi sul reale costo della vita. È sempre difficile farsene un'idea senza trovarsi nella realtà di tutti i giorni, guardando invece le cose così superficialmente dall'esterno e non potendo, per di più, vedere che un piccolo frammento della realtà, corrispondente al centro del centro più importante della Polonia, senza poter neanche immaginare come sono le altre città, o anche, semplicemente, gli altri quartieri.

Anche tenendo conto di queste osservazioni, ho la sensazione che i polacchi spendano molto meno di noi per alcune voci fondamentali del bilancio familiare, come la casa e il vitto. Se non vogliono acquistare capi firmati, possono spendere sensibilmente meno anche per il vestiario.

La moda polacca si è evoluta molto negli ultimi anni. Il primo colpo d'occhio non permette di individuare uno stile diverso da quello di qualunque altra città europea; è finita da un pezzo l'era dei sandali sui calzini. Tuttavia, un ragazzo italiano non acquisterebbe con entusiasmo un jeans polacco: lo troverebbe squallido. Non l'avrebbe certamente mai acquistato il parcheggiatore abusivo che ho incrociato qualche tempo fa a Napoli, in prossimità dell'Ospedale Monaldi. Quando l'ho visto, ho pensato dentro di me che era vestito come un mentecatto; ma pochi secondi dopo, per una di quelle straordinarie coincidenze della vita, Ialina ha richiamato la mia attenzione sulla marca dei suoi pantaloni: "Hai visto? Se sono Richmond originali, costano almeno 200€!". Se interpreto bene la filosofia del personaggio, erano originali; ed erano allora, al tempo stesso, molto costosi e molto brutti. Questo secondo dettaglio è ininfluente, se l'obiettivo è quello di dimostrare il proprio status; è sufficiente che siano molto costosi.

Il reddito dei Polacchi non sembra permettere, ai più, tali ostentazioni. Non so se perdono qualcosa di veramente importante nella vita.



Pensieri intimi


Nel centro di Varsavia si vedono parecchie boutiques italiane; in questo momento ricordo Ferragamo e Armani, ma non sono le uniche. La catena in franchising che sembra avere più successo è però Intimissimi, che conta un discreto numero di punti vendita. Come per la parte della mia famiglia appartenente al sesso forte (quella minoritaria: Biro, l'ago della bilancia, è maschio), così anche per i Polacchi, ormai, le mutande non sono più semplici mutande, ma indumenti da scegliere con cura e per i quali spendere bei soldi. La parte maggioritaria della MIA famiglia, lo dico per inciso, resta parca e l'ultimo arrivato è addirittura ancorato agli usi dei patres: non ne porta affatto. Come disse a una sua amica la colta Cornelia, madre dei Gracchi, lascia ciondolare liberamente i suoi gioielli.

L'evoluzione dei gusti e dei consumi in fatto di biancheria intima è sorprendente. Il processo di emancipazione sociale e culturale, che ha portato dalle cinture di castità medievali alle briglie da culo rinascimentali, è durato centinaia di anni. Sono bastati invece pochi decenni per passare dagli slip ai tanga, con apparente soddisfazione generale. Ma forse solo da un paio d'anni abbiamo capito quanto sia fondamentale essere intimamente eleganti; o, più semplicemente, io mi sono accorto solo da un paio d'anni che per gli altri è così.

Fieri delle nostre scelte, ci sentiamo più Liberi. La grande distribuzione porta gli stessi prodotti dovunque e così, almeno entrando in Intimissimi, proviamo una sensazione di similarità con chi ci sta intorno, che con enfasi potrei definire di Fraternità se non addirittura di Uguaglianza,  qualunque sia il paese in cui ci troviamo. Ed ecco finalmente realizzati i principi cardine della nostra occidentale modernità, propugnati dalla Rivoluzione Francese a costo di luttuosi bagni di sangue: Liberté, fraternité, égalité. Ormai trascinato dal turbine della Gironda, con un certo imbarazzo ho immaginato la Marianne avanzare, sventolando la sua lingerie con la coccarda tricolore. Mi sono sentito un po' reazionario, perché indosso ancora i soliti slip bianchi. Forse cambierò, per motivi politici.

Un ultimo pensiero: la Rivoluzione Francese deve essere tornata di gran moda. Michele Santoro ne ha declamato lo slogan in televisione pochi giorni dopo che avevo scritto questa paginetta (che, confesso, è stata inserita postuma); il suo intervento ha sollevato un polverone. Credo che questo Pensieri intimi passerà invece inosservato; almeno, non dovrebbe attirare le ire del Governo.



Gli uomini


Alcuni Polacchi sono alti, ma nell'insieme la statura non mi sembra superiore a quella italiana. Molti di loro potrebbero essere scambiati per Tedeschi, o Francesi; altri proprio no. Questi ultimi hanno una vera faccia da polacco, che non so descrivere con precisione, ma che pure esiste: occhi chiari, capelli biondo cenere, e naso polacco. Un naso polacco è più o meno così: un triangolo rettangolo con l'ipotenusa che corre lungo il viso e il cateto maggiore lungo il setto, in modo da portare le narici a vista. L'aspetto generale è dunque leggermente porcino.

Qualcuno porta un taglio caratterizzato da un bel frangettone, che viene giù a coprire la fronte e, quasi, anche gli occhi. Lo invidio apertamente; io non ho nulla dietro cui nascondere lo sguardo.

Restando in tema, non si vedono molti baffi a passeggio; non li portano gli studenti, né i professori, né i commessi dei negozi. Io ho però ancora impressi nella mente i bei baffoni del sindacalista Lech Wałęsa, premio Nobel nel 1983. Tutti gli operai di Gdansk, suoi fidati compagni, saranno stati a quei tempi altrettanto baffuti. Mi sono dunque attivato per scovare qualche traccia di peluria sul labbro superiore dei Varsaviesi. Alla fine l'ho trovata: ancora oggi, gli operai ne dispongono in abbondanza. Per convincermene, mi è bastato un colpo d'occhio a un piccolo cantiere stradale. La statistica, con dodici baffi su sei operai al lavoro, non mi ha lasciato dubbi interpretativi: i baffi sono segno di appartenenza sociale.



Le donne


Le donne camminano spesso in gruppetti, ridendo e scherzando. Non sono più le ragazze dell'est cantate da Claudio Baglioni, coi capelli di sabbia raccolti nei foulards e le facce ingenue appena truccate di tenera euforia; Baglioni scrisse questa canzone in occasione di una tournee in Polonia, immediatamente dopo la caduta del regime comunista, e già sembra passato un secolo.

Le ragazze, dicevo, sono vestite semplicemente, ma non in modo dimesso. Siamo ormai abituati a queste comitive; il giovedì sera o la domenica mattina le vediamo anche in Italia, soprattutto nei giardinetti pubblici. Sono le immigrate polacche che si riuniscono, forse per sentirsi un po' meno lontane da casa.

Ho provato ad immaginare queste signore vestite secondo lo stile della Belle Epoque, come in Oci Ciornie con Marcello Mastroianni. Purtroppo quel film è ambientato in Russia e non in Polonia. Non so se gli abiti polacchi dell'epoca fossero altrettanto eleganti, oppure, come suggeriscono alcune vecchie foto, più austeri. Lasciando perdere gli eccessi filologici, mi sembra che quei vestiti esalterebbero la vita stretta, i fianchi ad anfora e il busto ampio di queste signore, nascondendo le gambe un po' troppo lunghe e non sempre belle. Naturalmente, si vedono in giro anche ragazze graziose; ma certo non sono tutte come Kasia Smutniak, la modella polacca delle pubblicità TIM e attuale moglie di Pietro Taricone, il simpatico vincitore della prima edizione de "Il grande fratello".

Mi rendo conto che questo discorso potrebbe apparire sgarbato nei confronti delle Polacche. Cerco solo di bilanciare l'entusiasmo di chi si fosse troppo esaltato per le apparizioni televisive di Kasia; inoltre, non vorrei neanche dare l'impressione di essermici applicato troppo io stesso. Quando uno parla di donne, ogni affermazione può essere usata contro di lui. Qualunque cosa avesse detto, avrebbe fatto meglio a tacere. Figuriamoci poi se mette nero su bianco! Ripenserò con calma alla possibilità di emendare questa pagina insulsa. (Nota ex post: alla fine non l'ho emendata, che Dio me la mandi buona!)

Belle o no, sembra che da noi le Polacche destino talvolta preoccupazione. Ho appreso che una ragazza polacca, impiegata nel più antico mestiere del mondo, è stata espulsa con un trucco dal palazzo accanto al mio, dove abita Roberto, l'amico di Ialina. Riceveva, forse senza sufficiente discrezione, alcuni amici. Tra questi, uno aveva il difetto di essere sposato e si è fatto pescare con le mani nella marmellata, se così si può dire.

E' stato messo a tacere lo scandalo, come si diceva qualche anno fa e come si legge ancora nei romanzi d'appendice. Sebbene non sia stata trattata elegantemente, non sono preoccupato per il destino della ragazza: non è stata denunciata e così ha evitato guai più seri. Come Bocca di Rosa, dopo essere stata cacciata dal nostro paesino, avrà trovato miglior fortuna alla prossima stazione, con buona pace delle comari cui aveva sottratto l'osso.

Per inciso, l'uomo sposato non ero io.



I ragazzi


In giro per Varsavia si vedono moltissimi ragazzi. Ho avuto l'impressione di una popolazione giovane; ma forse mi sono stupito di ciò che è normale, per il semplice motivo che provengo da un paese che invecchia a vista d'occhio e dove i figli si fanno col contagocce (in senso figurato e in senso letterale, grazie alla procreazione assistita: figli in provetta).

I camerieri, nei locali, sono tutti giovanissimi. Era giovanissimo anche il ragazzo di fronte al quale mi sono seduto la prima sera a Varsavia, nel solito Mc Donald. Il suo compito era quello di verificare che accedessero ai bagni esclusivamente i clienti. Quelli che non potevano mostrare uno scontrino dovevano sborsare, per entrare, 1 Slotzi, cioè circa 25 centesimi di euro. Uhm, non so se Slotzi si usa anche al singolare. Non si dirà mica Slotzo?

Il ragazzo parlava bene in inglese, come la maggior parte delle persone con cui ho avuto occasionali contatti. Non attribuisco valore statistico al mio sondaggio; non mi sono messo a fermare gente a caso nella strada per fare interviste. Però, ho rafforzato la mia idea che i Polacchi siano molto portati per lo studio delle lingue.

C'è stata un'eccezione. Sono stato fermato per strada da un ragazzo che parlava solo polacco. Gli ho risposto prima in italiano, poi in inglese: "Sorry, I don't understand". Lui si è illuminato, è schizzato via strillando qualcosa agli amici seduti sul muretto alle sue spalle e ne ha portato uno davanti a me. Quello si è avvicinato ridendo e dicendo più o meno "Money, please?" Ho salutato entrambi con un sorriso.

Non ci sono molte persone che chiedono denaro. La differenza, rispetto all'Italia, è che da noi, agli angoli delle strade e ai semafori, si incontrano Rom o extracomunitari; qui invece ai semafori non c'è nessuno e solo occasionalmente si vede qualche anziano, seduto in modo molto discreto, col cappello posato sul marciapiede davanti a sé.

Disse una volta il prof. Bellavista, il mitico personaggio napoletano nato dalla fantasia di Luciano De Crescenzo, che si è sempre a Sud di qualcuno. Per converso, si dovrebbe anche essere sempre a Nord di qualcun altro. Ma se pure i Polacchi sono a Nord di qualcun altro, questi non li degna di alcuna visita e si dirige altrove. Non ho visto alcun immigrato in giro.


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